Anteprima: COME UN FULMINE A CIEL SERENO di A.L. Jackson

In arrivo un nuovo romanzo auto-conclusivo della serie contemporary romance Bleeding Stars di A.L. Jackson.

Titolo: COME UN FULMINE A CIEL SERENO
Autrice: A.L. Jackson
Serie: Bleeding Stars #3
autrice straniera indipendente
Pagine: 460
Prezzo ebook: 3,99 euro
Data uscita: 6 giugno 2018

Trama
Lei è un meraviglioso incubo e lui un perfido sogno...
Sai cosa si prova subito prima che un fulmine cada? Il modo in cui puoi sentire l'elettricità scorrerti nelle vene? I fremiti di avvertimento che crepitano nell'aria densa? Questa è un'emozione che Tamar King ha inseguito per tutta la  vita finché non è diventata proprio la cosa da cui è dovuta fuggire.
Negli ultimi quattro anni, Tamar si è nascosta in un mondo isolato creato da lei stessa. Era al sicuro. Nessuno poteva toccarla. Finché Lyrik West non è piombato nella sua vita.
Lui è il primo chitarrista dei Sunder e tutto ciò che lei non potrà mai avere. Tuttavia, l'oscuro e bellissimo rockettaro diventa l'unica cosa che Tamar desidera ardentemente.
Lyrik ha dedicato la sua vita alla band e il successo che ha raggiunto gli è costato caro. Amareggiato, duro e pieno di rimpianti, si rifiuta di lasciarsi andare di nuovo, ma dall'istante in cui vede Tamar King, non desidera altro che passare una notte di passione con lei.
La splendida barista si rivela essere molto più di quanto si aspettasse. La loro attrazione è irrefrenabile, il loro desiderio travolgente. Basta un solo tocco ed entrambi prendono fuoco.
Ma vale la pena essere bruciati?

La serie Bleeding Stars è composta da:
1. A Stone in the Sea (Un Sasso nell'Oceano)
2. Drowning to Breathe (Annego in te)
3. Where Lightning Strikes (Come un fulmine a ciel sereno)  
4. Wait  
5. Stay  
6. Stand  

N.B. I primi due romanzi della serie hanno gli stessi protagonisti principali (Sebastian e Shea), i successivi sono autoconclusivi con personaggi diversi.


ESTRATTO


«Guarda un po' chi c'è, Red.»
Accidenti a Sebastian Stone, leader della band di Lyrik, per avermi dato quel soprannome. Cioè, dai, i miei capelli erano rossi. Avrebbe potuto inventarsi qualcosa di più originale di quello.
Il soprannome mi era rimasto.
Ma il modo in cui scivolava sulla lingua di Lyrik? Sembrava uno dei sette peccati capitali. Un peccato per cui avrebbe venduto la sua anima pur di commetterlo.
«Che ci fai qui?» mi costrinsi a dire in tono sarcastico, pregando che avrebbe recepito il messaggio e che se ne sarebbe andato per la sua strada.
Continuò a lanciare la mela per aria.
Tump.
Tump.
Tump.
Con la sua grande e abile mano.
«Sono qui per il gran matrimonio. Cosa pensi che ci faccia qui? E non dirmi che non ti sono mancato.»
«Non puoi sentire la mancanza di ciò che non ti sfiora neppure la mente.»
«Ahi!» Pronunciò quella parola come se non fosse altro che uno scherzo, come se l'idea fosse completamente assurda. La sua risata era disinvolta e sicura. «Hai davvero intenzione di stare lì e dirmi che negli ultimi sette mesi non hai pensato a me nemmeno una volta?»
«Sì, davvero.»
Grossa, grassa bugia.
Una bugia che mi sarei portata nella tomba.
Come se ci fosse la possibilità che io avessi attraversato la sua mente. Anche una sola volta. Questo ragazzo non aveva soltanto l'aspetto da cattivo.
Era cattivo.
Non c'era una sola foto di lui in cui non ci fossero almeno due ragazze avvinghiate al suo corpo, le sue braccia avvolte intorno alle loro spalle e un luccichio lussurioso negli occhi. Per non parlare del fatto che l'avevo visto in azione in più occasioni di quanto riuscissi a contare nel bar dove lavoravo.
Era chiaro che Lyrik West aveva un tipo di ragazza ideale.
Forse all'apparenza sembravo essere il suo tipo. Minigonne e tacchi vertiginosi, trucco pesante, tatuaggi e pizzo.
Ma non ero affatto come quelle ragazze.
Non importava quanto lui si sforzasse di persuadermi ad essere lei.
Lyrik ridacchiò, continuando a fare il suo gioco. Questo ragazzo era assurdamente sexy, così maledettamente splendido che andava a spasso su un carro di presunzione.
Allungava la mano e prendeva tutto ciò che voleva, probabilmente perché era  abituato a ricevere tutto su un piatto d'argento ad ogni occasione.
«È un vero peccato, Red» disse, lanciando di nuovo la mela. «Speravo che al mio ritorno, io e te potessimo essere amici.»
Spalancai la bocca per ribattere con una risposta sprezzante, ma commisi l'errore di riportare gli occhi su di lui. Le parole mi si gelarono sulla lingua. Il mio sguardo, stupido e traditore, scivolò verso l'alto, poi in basso e lentamente di nuovo su. Indossava un paio di jeans neri e attillati, i più stretti che avessi mai visto, e una maglietta bianca con scollo a V ancora più stretta.
Ogni centimetro di pelle scoperta era ricoperta d'inchiostro, un'immensa tela di bellissima arte incisa su un uomo minacciosamente bello.
Sapevo che se si fosse strappato di dosso quel sottile pezzo di tessuto, avrei visto che anche la sua schiena era ricoperta di tatuaggi.
Sotto quell'inchiostro intricato e stravagante si celavano sodi e massicci muscoli.
Quell'attrazione da cui scappavo da mesi scivolò calda e lenta nelle mie vene,  e questa smaniosa sensazione che odiavo travolse i miei sensi.
Dio, questo ragazzo stava facendo di tutto per farmi infrangere le promesse che mi ero fatta.
Non volevo questo. Non volevo soccombere al fascino e alla seduzione. Non volevo ammettere che mi faceva provare cose che non volevo provare.
Cose che non sentivo da molto, molto tempo.
Cose pericolose.
I suoi occhi scuri seguirono il movimento della mia gola che tremò e ballonzolò su e giù mentre lo guardavo torva, cercando di fingere che non fossi turbata.
Sfrontatamente, lui allungò la mano. I suoi polpastrelli callosi scivolarono lungo l'incavo del mio collo fino alla clavicola, come se non potesse fare a meno di sfidarmi.
Avrei dovuto essere disgustata. Ma sapevo che quei calli erano il risultato di anni passati a suonare le corde della sua chitarra, forgiati nella musica che creava.
Il formicolio divampò come un incendio.
Quell'energia vibrò.
Tremai.
«Che ne dici, Red? Ti va di essere amici?» mormorò, la voce una vera e propria tentazione mentre abbassava la testa verso di me.
Mi staccai da lui e mi costrinsi ad emettere uno sbuffo incredulo. «Non montarti la testa, rockstar.» Lo dissi come se fosse una parolaccia. «Non tutte le ragazze cadono ai tuoi piedi.»
Lanciò di nuovo la mela in aria e l'afferrò con la mano, prima di portarsela alla bocca e darle un grosso e rumoroso morso. Masticò, e quel maledetto sorrisetto riapparve sulla sua bocca, piegando le sue rosse labbra in un arco voluttuoso. «Sei sicura di non volere un assaggio?»
Era un'allusione sessuale a tutti gli effetti.
«Preferisco morire di fame.»
Lui scoppiò in una risata. «Vuoi sapere cosa penso?»
«No.»
Decisamente no. Questo era il momento di fuggire.
Feci un passo indietro, il corpo teso.
Lui ne fece uno in avanti, invadendo il mio spazio, piegando la testa verso la mia man mano che si avvicinava. Si abbassò finché il suo naso quasi sfiorò il mio e la sua voce divenne roca. «Penso che tu muoia dalla voglia di avere un assaggio. Penso che la tua boccuccia insolente abbia l'acquolina e che il tuo stomaco stia brontolando per la fame. E credo che per toglierti finalmente quel bastone che hai su per il culo, tutto ciò di cui hai davvero bisogno sia un assaggio di cosa significa essere veramente soddisfatta.»
Sollevai il mento con aria di sfida nello stesso istante in cui raddrizzai le spalle, e indossai la mia dura e rigida armatura. «E cosa ti fa pensare che saresti in grado di soddisfarmi?»
Il suo sorriso divenne spavaldo quando raddrizzò la schiena e diede un altro morso alla mela. «Hai abbastanza coraggio da scoprirlo?»
La mia bocca si spalancò, e cercai di trovare una risposta nel mio cervello annebbiato, un modo per zittirlo e scoraggiarlo.
Lui lo definiva coraggio.
Io lo definivo stupidità.
Sorrise in modo compiaciuto, si infilò una mano in tasca e tirò fuori un biglietto da cinque dollari. «Non fare quell'espressione così sconvolta, Red. Basta che tu dica di no.»
Ammutolita, non riuscii a dire nulla.
Lui spostò l'attenzione sull'uomo che vendeva le mele e gettò la banconota sul tavolo da esposizione.
«Deliziosa.»
Mi rivolse un occhiolino.
Ebbe davvero la faccia tosta di farmi l'occhiolino.
Si voltò e si allontanò nella stessa direzione da cui era venuto, e la sua orribile, orribile promessa fluttuò nella brezza mentre mi salutava con la mano senza girarsi indietro.
«Ci vediamo in giro, Red.»
Fui certa di sentire la terra tremare sotto i miei piedi.


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