Recensione "Prima che faccia Buio" di Laura Pellegrini

Prima che faccia Buio
di Laura Pellegrini 

La Trama
Cos’è la normalità se non un qualcosa di arbitrario e opinabile. Si determina un preciso stato mentale e fisico come qualcosa di comune e riscontrabile nelle vite altrui, identificandolo come normale; mi chiedo però se non sia invece ciò che scalda il cuore nel profondo a fare di un momento la quotidianità vera, l’essenza della vita. 
Sullo sfondo di una guerra dove i sentimenti sembra non possano avere spazio, nel deserto di una terra lontana, tra albe e tramonti, le vite di un uomo e una donna si incontrano. Due mondi opposti, due missioni differenti, ma un unico desiderio: viversi. 
Una storia d’amore e di vita, di passione e desideri, alla ricerca continua dell’equilibrio tra i sentimenti e i doveri e di quell’angolo perfetto di normalità per viversi, amarsi, volersi. 
Gianluca e Manaar. 
Un soldato e un medico volontario. 
Ordine e istinto. 
Guerra e pace. 

La mia opinione


Questo è un romanzo intenso e graffiante. E quando dico “intenso” significa che è un libro capace di sfiorarti l’anima, scuoterla con forza e infine straziarla urlando a gran voce l’ingiustizia di un amore potente ma sbagliato.
Questa è la storia di una Dottoressa e di un Capitano.
Ed è una delle storie più belle che io abbia letto negli ultimi tempi… con un solo piccolo difetto: la divori in un attimo senza quasi rendertene conto. E non ti basta. Proprio per niente.
Gianluca è il capitano di un corpo speciale d’assalto, inviato in missione di pace al di là della frontiera Libanese. 35 anni, poche parole, tanta freddezza, tantissima azione. Un soldato esemplare e impeccabile, per il quale non esistono distrazioni o stupidi sentimentalismi, eternamente schiacciato dal senso di colpa per la morte di un commilitone, della quale si assume ingiustamente la responsabilità. Un uomo schietto e autoritario, incapace di farsi disubbidire da chiunque, almeno finché non incontra LEI.
Manaar è una giovane dottoressa di 34 anni, la cui missione consiste nel donare il suo aiuto in un campo di accoglienza per profughi. Una donna la cui professionalità e infinita umanità rappresentano una delle meravigliose colonne portanti di questo libro.
Ed è proprio in uno di questi campi che incontra Gianluca. Manaar è forte e coraggiosa, non si lascia mettere i piedi in testa o comandare a bacchetta da nessuno, nemmeno da un comandante esigente e severo come lui.
La loro guerra fatta di scontri, sguardi intensi e silenzi fin troppo carichi di significato ti cattura, ti tiene sulle spine e infine ti travolge quando le loro difese si schiantano con un rumore assordante e la passione a stento trattenuta esplode in tutta la sua meravigliosa potenza.
E tu anneghi con loro. Completamente. Dolorosamente.
Così Manaar, con la sua dolcezza e la sua tenacia, riesce ad abbattere le barriere impenetrabili di quel cocciuto di un soldato, facendogli perdere la prima vera battaglia della sua vita: quella del cuore. Una battaglia pericolosa per entrambi perché nessuno dei due può permettersi di lasciarsi andare, soprattutto in un contesto come quello, provenendo da due mondi fin troppo differenti.
Poi però arrivano anche l’ansia e la paura scatenate da un risvolto inaspettato, quello che rischia di separare un uomo e una donna tormentati ma ormai indivisibili. E soprattutto rischia di far crollare Gianluca sotto il peso di un nuovo senso di colpa.
La scrittrice ci regala una stupenda storia d’amore che sboccia calda e potente in mezzo alla desolazione della guerra, dove ogni emozione è vissuta in modo più intenso proprio perché nasce come un fiore candido in un oceano di orrori.
Dove amare è doloroso, ma anche bellissimo. E trattare in modo così delicato il tema (fin troppo attuale) dell’emergenza-profughi probabilmente ci aiuta a capire che ovunque siamo, viviamo o lavoriamo, sarebbe giusto anche da parte nostra iniziare a mostrare un pizzico di umanità.


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