Estratto "Il Profumo dell'Oscurità" di Emma Holly

Come vi abbiamo già anticipato nei giorni scorsi il 21 aprile uscirà per la Leggereditore il 1° libro della Fitz Clare Chronicles scritta da Emma Holly.

Il titolo italiano del libro sarà "Il Profumo dell'Oscurità" di cui vi riportiamo qui di seguito in anteprima un estratto.





Bedford Square, 1922


Estelle si appoggiò al basso parapetto del balcone della
sua camera, con il viso rivolto verso il cielo sopra Bedford
Square. La pioggia cadeva da un tappeto di nubi plumbee, e
le gocce erano fresche e corroboranti al contatto con la sua
pelle. Aveva quindici anni. Era goffa e secchiona. Quasi troppo
timida per sapere come farsi degli amici. Per fortuna,
niente di tutto questo importava, in quella piovigginosa
serata di maggio.
Quel giorno la sua vita era cambiata per sempre.
Quella mattina aveva incontrato l’uomo più meraviglioso
del mondo. Ai suoi occhi, lei non era invisibile. Ai suoi occhi,
lei era una persona meritevole non solo di attenzione ma
anche di fiducia.
Lei l’aveva notato subito. Il cortile della scuola era pieno di
gruppetti di ragazzine che parlavano sottovoce e di ragazzini
che correvano in mezzo a loro, urlando come pazzi. Estelle
non era né abbastanza popolare né abbastanza coraggiosa
da suscitare l’interesse di questi due gruppi. Gli sforzi
di suo padre, dirigente di banca, di sembrare più realizzato
di quanto fosse in realtà non si estendevano agli abiti della
figlia. Aveva lo stesso vestito dell’anno prima e le stesse scar-
pe dell’anno prima. Ormai aveva finito di crescere, e lui si era
infuriato quando lei aveva trovato la forza di chiedergli se
poteva avere qualcosa di nuovo. Perché non poteva indossare
degli abiti che ancora le andavano bene? Questo aveva
avuto il coraggio di dire dopo essersi comprato un portasigarette
d’oro, identico a quello che aveva il suo più grande
rivale nella banca.
Altri eventi avevano coperto quei fastidi, quella mattina.
Lei era appoggiata al muro contro cui si appoggiava sempre,
con in mano un libro e con il suo tipico atteggiamento da
non-me-ne-frega-proprio-niente a proteggerla da tutto quel
casino. Un movimento aveva attirato la sua attenzione: un
uomo che accompagnava attraverso il cortile una bambina
dai capelli biondo oro.
La presenza dell’uomo l’aveva fatta muovere dalla posizione
stravaccata che aveva assunto e aveva distolto la sua
mente dai suoi problemi. Capitava di rado di vedere un
padre accompagnare la figlia, ed era ancora più raro vederne
uno così giovanile e attraente. Di certo non assomigliava a
nessun altro genitore che lei conosceva. Era alto e magro, con
uno scuro cappello di feltro messo sulle ventitré. Mentre
attraversava la folla i suoi passi erano differenti da quelli di
qualunque altro uomo, pieni di grazia e tensione come quelli
di un predatore che caccia un’antilope nella savana. Il modo
in cui l’abito marrone scuro seguiva i movimenti del suo corpo
testimoniava non solo il suo essere in forma ma anche la
bravura del suo sarto. I muscoli di Estelle si tesero, come se
volesse segretamente correr via da lui, anche se forse non per
fuggire.
Dev’essere vedovo, pensò. È per questo che sua moglie
non è qui al suo posto.
Per via della fascinazione che provava, a Estelle servì un
momento per accorgersi che la figlia stava piangendo. Le
lacrime le rigavano il volto mentre si aggrappava disperata-
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mente alla sua mano. Estelle avrebbe potuto dirle che non
aveva niente da temere da quello strano ambiente. Era una
bambina carina, con degli abiti costosi e di classe, e i capelli
chiarissimi curvati in riccioli brillanti. Neanche una piega
rovinava la perfezione del suo abito alla marinara. Sembrava
una bambola esposta nel miglior negozio della zona. C’erano
buone possibilità che prima della fine della giornata sarebbe
diventata amica di una dozzina di quei piccoli ruffiani,
tutti desiderosi di diventare il suo nuovo miglior amico.
Le apparenze contavano, in un posto come quello, così come
contava la posizione dei genitori. La Grande Guerra non aveva
azzerato la concezione che i bambini avevano a proposito
dell’appartenenza alle diverse classi sociali.
Estelle ritenne che il padre di quella bambina appartenesse
a una classe molto più alta della sua.
Un cinismo troppo sviluppato per la sua età la portò ad
affondare di nuovo il naso tra le pagine di Poirot a Styles Court.
Ai libri non interessava quanti anni avessero i vestiti che il lettore
indossava, i libri permettevano invece al lettore di infilarsi nei
panni dei personaggi. Si stava sforzando di farlo, quando il suono
educato di qualcuno che si schiarisce la gola le fece alzare
nuovamente la testa. Il fiato le uscì dai polmoni come se una
mano gigante le avesse schiacciato le costole. Aessersi schiarito
la gola era stato l’uomo alto con il cappello di feltro. La sua figlioletta
era al suo fianco, ancora aggrappata alla sua mano e in
lacrime, ma Estelle si rese conto a malapena della sua presenza.
Da vicino l’uomo era incredibilmente bello. Sotto l’ombra
inclinata del suo cappello, i capelli erano di un biondo oro
più scuro di quelli di sua figlia, ed erano sorprendentemente
lunghi come quelli dei poeti. I giacinti erano meno azzurri
dei suoi occhi, che sembravano brillare di una ricca sfumatura.
La bocca aveva una forma perfetta, come una pietra
straordinariamente levigata. Estelle non poté evitare di leccarsi
nervosamente le labbra.
«Mi perdoni» disse l’uomo come se non avesse appena
cancellato tutte le sue fantasie su Rodolfo Valentino. La sua
voce era chiara e profonda. «Mi spiace disturbarla, ma lei ha
un viso incredibilmente gentile. Pensa che potrebbe occuparsi
di mia figlia Sally? Solo fino a quando non entra in classe.
È un po’nervosa, è il suo primo giorno di scuola.»
Pensava che lei avesse un viso gentile? C’era per caso qualcosa
che non andava nei suoi occhi? Risentito le si addiceva
maggiormente. O imbronciato. E come se la sua mente
volesse dimostrare che era così, tutti i pensieri poco gentili
che Estelle aveva elaborato riguardo sua figlia le passarono
nuovamente per la testa.
«Solo se non le spiace» aggiunse quel bellissimo uomo.
«So che le sto chiedendo molto.»
«Rimani tu» lo pregò sua figlia, tirandolo per la manica
della giacca. «Resta con me, papà.»
Lui abbassò lo sguardo sulla bambina, con sul viso un’espressione
di amore e di pazienza che fece venire un nodo
alla gola a Estelle. Pensò che i suoi genitori non l’avevano mai
guardata in quel modo. Non la guardavano in nessun modo,
più che altro.
«Sai che lo farei, se potessi, tesoro.»
«Preferisco restare a casa» insisté Sally. «Ben può insegnarmi
a leggere quando torna dal collegio.»
L’uomo le si inginocchiò davanti e le strinse le mani.
«La guarderò io» disse Estelle prima che lui potesse proferire
qualunque banalità paterna stesse per dire.
Chiaramente sorpresi di essere stati interrotti, l’uomo e la
bambina si voltarono verso di lei all’unisono. Estelle ebbe la
strana sensazione di essere messa sotto giudizio da entrambe
le paia di occhi. Si sentì disonesta, ma non poteva forse
decidere di essere gentile se voleva farlo? Ciò che quell’uomo
aveva visto in lei doveva per forza essere una bugia?
«Baderò io a te, Sally» ripeté convinta, sorprendendo un
po’ anche sé stessa. «Io sono una delle ragazze più grandi.
Sarai perfettamente al sicuro, con me.»
Sally si morse un labbro e guardò il padre.
«Vedi?» le disse, stringendo le piccole spalle con le mani.
«Cosa c’è di meglio che avere una ragazza adorabile come lei
che ti guida per la scuola?»
«Devo rimanere, allora?» chiese Sally.
«Devi» confermò suo padre, con un sorriso gentile che gli
sollevò gli angoli della bocca quando si rimise in piedi.
«È incredibilmente gentile, da parte sua» disse a Estelle.
«Non ha idea di quale peso mi abbia tolto.»
«Non è niente» mormorò Estelle, ancora confusa dall’essere
stata definita adorabile.
«Sono Edmund Fitz Clare» disse tendendole la mano.
«Sono professore di storia all’università.»
Doveva intendere l’università di Londra, che era la più
vicina. Ma chi avrebbe immaginato che fosse un professore?
I suoi abiti sembravano troppo costosi perché un professore
potesse permetterseli. Estelle gli strinse la mano, così stranita
da far quasi cadere il romanzo di Agatha Christie mentre
cercava di infilarselo sotto il braccio sinistro. «Io sono Estelle
Berenger.»
Lui mise anche l’altra mano sopra la sua, inglobandola
così tra i suoi guanti. Sotto la morbida pelle, le sue dita sembravano
particolarmente forti. «Una stella tra le donne, di
sicuro.»
Sapeva che stava scherzando sul significato del suo nome
– Estelle, stella e tutta quella roba – ma lei arrossì proprio
come se fosse serio. Come ci si sentirebbe a essere una stella
tra le donne, e a essere una stella per un uomo come lui? Non
conosceva abbastanza il mondo per sapere cosa questo
avrebbe comportato, ma cercare di immaginarlo la fece scaldare
così rapidamente che i suoi vestiti iniziarono a darle
fastidio.
Poteva praticamente sentire le sue labbra morbide e delicate
sul collo.
Così leggermente che lei quasi non se ne accorse, il professor
Fitz Clare inspirò deciso. Forse il momento di quell’inalazione
fu solo una coincidenza, forse gli stava solo prestando
troppa attenzione, ma se lui avesse immaginato cosa
stava pensando... cosa quel suo tocco involontariamente
eccitante le aveva fatto...
Non poté finire quel pensiero. I suoi occhi sembravano
più scuri di prima e un flebile respiro gli allargava le narici.
Lei ritrasse rapidamente la mano appena lui la liberò dalle
sue.
«Bene» le disse. Rialzò il collo del cappotto, nonostante la
temperatura mite di metà mattina. Aveva il collo arrossato,
notò, come se fosse leggermente scottato dal sole. «Devo tornare
ai miei libri.»
«Ciao papà» disse Sally con tristezza.
«Ciao, tesoro» rispose lui.
Estelle e Sally lo guardarono entrambe attraversare la
strada di corsa per poi trovare riparo in una Ford Model T
che lo stava aspettando. Considerando quanto era parso
aggraziato fino a quel momento, la sua andatura sembrava
stranamente insicura.
«Il professore beve» annunciò tristemente Sally con quell’aria
da bambina innocente che ripete qualcosa che ha sentito
dire agli adulti. «È per questo che dorme tutto il giorno.»
Quelle parole sembrarono false a Estelle. Il professore non
puzzava di alcol, né la sua voce suonava impastata.
«Forse è un animale notturno» disse, accarezzando timidamente
i morbidi riccioli di Sally. «Ma anche se non lo fosse,
non dovresti dire a tutti quelli che incontri che lui beve.»
«Non dovrei?» chiese Sally.
«Non dovresti» disse Estelle con decisione.
Fortunatamente Sally le credette, e il suo primo giorno di
scuola fu esattamente come Estelle aveva previsto. Estelle aiutò
Sally ad ambientarsi per quanto ne avesse bisogno, che prevedibilmente
non fu molto. La bambina gorgogliava di entusiasmo
quando il padre tornò a prenderla. Sally si ricordò di
ringraziare Estelle senza che le si chiedesse di farlo, ed Estelle
ne fu colpita. Il fatto che furono i ringraziamenti del padre di
Sally a renderla davvero felice, Estelle lo tenne per sé.
Senza contare che Sally, la cui verbosità era impossibile da
reprimere, le aveva rivelato che non era sposato e che aveva
adottato lei e altri due ragazzi più grandi dopo che erano
rimasti orfani durante l’ultima guerra. Estelle sapeva che
Edmund Fitz Clare non pensava a lei in maniera romantica.
Non aveva importanza quanto sembrasse gentile, Estelle per
lui era solo una ragazzina.
Una ragazza adorabile, ripeté silenziosamente verso il cielo.
Si era fatto buio, era ormai quasi sera. Fulmini gialli guizzavano
tra le nuvole, e quella vista fu inebriante per i suoi
nervi tesi. Un cane abbaiò convinto nella piazza sotto di lei,
reso invisibile dagli alberi. Estelle avrebbe voluto stringere a
sé quel suono per suo piacere. I lupi ululavano in quel modo
quando erano separati dalle loro compagne, anche se ovviamente
nessun vero lupo sarebbe mai venuto a ululare a
Londra!
Si domandò se il padre di Sally le avrebbe parlato, il giorno
dopo.
«Estelle!» la chiamò sua madre da dietro la porta chiusa
della sua stanza. «Tuo padre è tornato dalla banca. È ora di
scendere per il tè.»
«Arrivo subito» rispose, riluttante a lasciare la magia di
quel suo sogno a occhi aperti.
Il tè con i suoi genitori non era altro che un fastidio, una
riunione di famiglia pro forma cui nessuno era interessato.
Suo padre si sarebbe lamentato della politica economica della
Gran Bretagna, di come impediva a uomini come lui di
avere la carriera che meritavano, sua madre avrebbe detto
‘Sì, tesoro’ ed Estelle si sarebbe divertita a infilare la forchetta
nelle sue tartine fino a quando sua madre non le avrebbe
detto di smetterla. Guardare un temporale che si avvicinava
era molto più eccitante, sentire il rimbombo dei tuoni, vedere
il potere della natura avvicinarsi inesorabilmente. Estelle
avrebbe dovuto cambiarsi d’abito, per il tè. Era bagnata fradicia,
con la pioggia che batteva pesantemente sul suo vestito
di cotone. Il tessuto incollato alla pelle la rendeva più conscia
del proprio corpo, della sua forza e della sua femminilità.
Forse stava diventando una donna. Forse quel giorno era
parte della sua crescita.
Ciò che avvenne poi non diede alcun preavviso.
Il cane triste abbaiò nuovamente, e un lampo riempì l’aria
sopra il balcone. Estelle non poteva credere a ciò che stava
vedendo: un fulmine si stava formando proprio davanti a
lei. Tutti i peli del suo corpo si rizzarono. Lo scoppio di elettricità
si diresse verso di lei, accecandola come avrebbe fatto
il sole. Sarebbe morta, ma non ebbe modo di provare null’altro
che sorpresa.
Davvero?, pensò nel millisecondo che le rimaneva. Devo
andarmene proprio adesso?
Avrebbe potuto giurare di aver sentito qualcuno ringhiare
un ‘no!’.
Il tuono le tormentò le orecchie quando un’ombra saltò tra
lei e la vampata di luce. Avrebbe chiuso gli occhi, se avesse
fatto in tempo. L’ombra sembrava un lupo in piena corsa.
Un’allucinazione, di sicuro.
Come per provarlo, il fulmine colpì il fantasma, rompendosi
in tanti frammenti multicolore. Uno le colpì l’occhio
destro, corse giù per il braccio e uscì dal dito medio della
mano. Lei fu sbalzata all’indietro, volando per tutta la stanza
fino a colpire con la schiena il muro dietro il letto, crepando
il gesso sotto la carta da parati. Nessuno dei suoi arti si muo-
veva. Incapace di fermare la caduta, scivolò fino a mettersi
per metà seduta e per metà accasciata sul materasso. Del
fumo fuoriusciva in grigi sbuffi dalle suole delle sue scarpe.
Le sembrava di avere del carbone bollente infilato nell’orecchio
sinistro.
«Estelle!» urlò sua madre, ma Estelle aveva perso la capacità
di rispondere.
Vedeva una serie di disegni attraverso l’occhio che era stato
colpito dal fulmine. Cavalieri a cavallo. Una donna di piccola
statura, con i capelli neri e la pelle candida come la neve.
Mio dio, pensò, forse sono davvero morta.




3 commenti

  1. Sto facendo il conto alla rovescia per l'uscita di questo libro. La Holly fin'ora non mi ha mai deluso e dalla tua recensione Selly mi pare di capire che non lo farà neanche stavolta!
    Martina

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  2. ...mi sa che dovrò prendermi anche questo... :(

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  3. Eh già... questo libro non può mancare nella nostra libreria!

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