Eccoci tornati con la nostra rubrica di anteprime. Continua l'approfondimento sulla serie Royal House of Shadows, e dopo il primo libro, Il Signore dei Vampiri di Gena Showalter, oggi vi proproniamo trama ed un piccolo estratto del secondo volume.
C'era una volta ... il regno di Elden, che fu conquistato da uno stregone oscuro. La regina, per salvare i propri figli, li divise e li disperse in luoghi lontani e sconosciuti, mentre il re affidò loro il compito di vendicarsi degli stregoni invasori. Solo un orologio magico collega i quattro discendenti reali ... ed il tempo sta per scadere.
LIBRO SECONDO
Lord of Rage, Signore della rabbia, di Jill Monroe.
La principessa Breena sognava di incontrare un giorno il suo uomo, magari un virile guerriero implacabile, quando, in seguito alla conquista del suo regno da parte dello stregone oscuro, fu strappata alla sua casa e gettata in un regno lontano e sconosciuto. Persa e sola, progettava vendetta per il suo regno rubato, quando si imbattè, per puro caso, in una sperduta villetta nel bosco... abitata da un oscuro uomo.
La bellissima bionda aveva mangiato il suo cibo ed ora dormiva nel suo letto, quando il solitario Osborn l'ha trovata. L'irresistibile passione che nasce tra i due non si ferma alla mera carnalità, ma Breena vuole di più: una volta scoperto il passato da leggendario guerriero di Osborn, la principessa vuole il suo aiuto e la sua abilità guerriera asserviti allo scopo della sua vendetta. Rischiare quindi la sua vita o negare un lieto finale alla sua bella principessa?
Piccolo estratto in anteprima, tradotto dalla bravissima vecchisatrega. Nei prossimi appuntamenti continueremo l'approfondimento con i due libri rimanenti di questa bellissima saga.
Prologo
C‘era una volta, in una terra mai vista da occhio umano, una bellissima principessa … destinata a sposarsi per il futuro bene politico di suo padre.
Non il genere di favola con cui la Principessa Breena di Elden era cresciuta nel caldo solario di sua madre. In quelle storie, le principesse cavalcavano gloriosi unicorni, dormivano su pile di materassi, il riposo disturbato soltanto da un piccolo pisello, o che vivevano in torreggianti castelli incantati pieni di creature magiche.
Comunque, nessuna di quelle principesse poteva risvegliarsi di sua volontà dai propri sogni.
In quanto a potere magico, il dono di Breena era pressoché inutile. Quando era una bambina, poteva tirarsi fuori da un incubo, cosa che era un bonus per la bambina di sette anni che era allora, ma poi, da adulta, non le dava niente di speciale. Sua madre poteva guardare nei sogni degli uomini, poteva inviare sensazioni di paura nei cuori dei nemici di suo padre o anche sbirciare nei futuri possibili.
E ci fu un tempo in cui la stessa Regina Alvina aveva sposato il padre di Breena per il bene delle ambizioni politiche del suo stesso padre. Unendo la sua magia al potere dei bevitori di sangue. Suo fratello maggiore, Nicolai, poteva assorbire i poteri degli altri, mentre i suoi fratelli Dayn e Micah potevano comunicare telepaticamente con i bevitori di sangue del regno.
Nonostante i poteri onirici di Breena non fossero potenti … poteva comunque connettersi con un guerriero in particolare.
E‘ così che si riferiva a lui quando era sveglia. Guerriero. Mentre dormiva, però, lo considerava un amante. I suoi occhi scuri si adattavano ai suoi capelli selvaggi in cui lei amava tanto passare le dita. Le sue grandi spalle imploravano il suo tocco. Le sue labbra. A volte nei suoi sogni, lui la prendeva in braccio, il suo
corpo grande e potente, e la trasportava fino al letto più vicino. O giù sul pavimento. A volte anche contro un muro. Il suo amante le avrebbe poi tolto i vestiti, strappandoglieli dal corpo, e poi le avrebbe ricoperto la pelle con la morbidezza delle sue labbra o la rudezza dei suoi palmi callosi.
Breena si sarebbe svegliata, il cuore pulsante ed i capezzoli duri e tesi. Le avrebbe fatto male ovunque. Si sarebbe stretta le ginocchia al petto, cercando di prendere aria, schiarendosi la mente da tutto quel desiderio e quel bisogno.
Una volta ripreso fiato, e calmato il suo cuore, le rimaneva solo la frustrazione. Passava il tempo dopo il risveglio cercando di ricordare. Per tornare nel sogno. Lei era stata con il suo guerriero un sacco di volte nei suoi sogni, ma cosa succedeva dopo che i vestiti venivano strappati via? I suoi sogni non glielo avevano mai detto. E non poteva neppure vedere chiaramente la faccia di lui. Mentre sapeva come odorasse, che sapore avesse e come lo sentisse sotto le sue dita, lui rimaneva sfuggente. Misterioso. Un sogno.
Ma una cosa era certa. Se quell‘uomo fosse fuoriuscito dai suoi sogni ed avesse attraversato camera sua, lei ne sarebbe stata terrorizzata. Era qualcosa di più che selvaggio. Fiero e primitivo. Lui impugnava una spada con la stessa facilità con cui lei impugnava una spazzola per capelli.
Spazzolare i capelli. Ecco, quella era una parte importante della vita di una principessa. Specialmente di una il cui solo lavoro era quello di sposarsi. Breena sospirò, e cominciò a percorrere il limite della sua stanza. I suo piedi erano incapaci di fermarsi come il suo spirito.
E lei sapeva che quel tipo di pensieri l‘avrebbero messa in pericolo.
In tutte le favole che sua madre le aveva letto mentre cresceva, una principessa passava sempre un sacco di guai quando desiderava qualcosa di più. Lei avrebbe tentato – e non sfidato – il fato, se si fosse affacciata alla finestra per guardare di sotto, oltre i cancelli del castello, verso gli alberi della foresta,
chiedendosi … e se? Cosa c‘è là fuori? C‘è qualcosa più di questo?
A quel punto avrebbe potuto spalancare le porte ed invitare il disastro, offrendogli anche una tazza di tè.
Tra l‘altro, come era preparata all‘avventura? Superati i cancelli, armata soltanto di alcuni ridicoli poteri magici, sarebbe stata persa come il ragazzino e la ragazzina la cui traccia di molliche di pane era stata mangiata dagli uccellini. Se avesse potuto sconfiggere uno spaventoso orco con la pianificazione di un meraviglioso banchetto, allora quello che attendeva al di là di quei cancelli non sarebbe stato così preoccupante. Ma giganti ed orchi non si sarebbero fatti impressionare dalla sua competenza in oltre venti tipi di danze di tutto il reame. O dal fatto che potesse organizzare ogni dettaglio, dai musicisti alla quantità di candele necessarie nella grande sala, per un ballo.
Adocchiò il suo lavoro di ricamo abbandonato. Era di quello che doveva preoccuparsi una principessa. Punti perfetti.
Il giorno dopo suo padre avrebbe cominciato la ricerca di suo marito. Breena sapeva che il Re Aelfric aveva rimandato quel compito; non voleva che sua figlia vivesse lontano da lui. La sua vita con Alvina era iniziata con un matrimonio di convenienza dove poi era cresciuto l‘amore, ed avevano forgiato una famiglia saldamente legata. Ma quella famiglia stava crescendo e cambiando. Suo fratello maggiore, Nicolai, fuggiva velocemente dal tavolo da pranzo una volta terminato il pasto, la maggior parte delle volte per raggiungere il letto di qualche donna. In quanto principessa di Elden cresciuta garbatamente, non si supponeva che Breena fosse a conoscenza di certe cose – ma lo era. Ormai in prossimità della sua seconda decade, Breena era di molti anni più grande di quanto lo fosse stata sua madre quando era arrivata ad Elden, pronta a portare a termine il suo contratto matrimoniale.
Per quello era così inquieta. La sua famiglia non poteva più trattenere il tempo ed i cambiamenti che portava con sé ad ogni rintocco. Presto avrebbe lasciato la casa della sua infanzia, per
sposarsi, e sarebbe partita verso un altro regno. Sarebbe stata tra le braccia di un uomo il cui volto poteva vedere chiaramente, i cui lineamenti non erano il risultato nebbioso di un sogno. Un uomo che le avrebbe mostrato cosa succedeva una volta che i vestiti venivano tolti. Il tempo per l‘amante dei suoi sogni era finito. Sarebbe stato sbagliato costringerlo a tornare nei suoi sogni una volta che fosse appartenuta ad un altro.
Ma non era sposata, ancora. La sue dita trovarono l‘orologio che sua madre le aveva regalato al suo quinto compleanno. Lo indossava attaccato ad una catenella al collo, una spada ed uno scudo decoravano il fronte.
―Perché una spada?- aveva chiesto. Nonostante fosse più propensa a correre per il castello che a camminarvi graziosamente, anche la sé stessa di cinque anni sapeva che le armi da guerra non erano adatte ad una principessa.
Sua madre si era stretta nelle spalle, i segreti che scurivano i suoi occhi verdi. ―Non lo so. La mia magia ha forgiato l‘orologio.‖ La regina si era abbassata ed aveva baciato la guancia di Breena. ―Ma so che ti aiuterà nel tuo viaggio. Il tuo destino. Rendilo bello.
Il desiderio di vedere il suo guerriero la pervase. Breena probabilmente avrebbe dovuto preoccuparsi del fatto che quel bisogno la colpiva sempre più frequentemente.
Ma se il suo destino non era con il guerriero, allora avrebbe seguito il consiglio di sua madre ed avrebbe reso bello il suo viaggio. Breena calciò via le sue delicate pantofole e si sdraiò sul soffice materasso, senza preoccuparsi di sfilarsi l‘abito o di tirarsi le coperte fina al mento. Chiuse gli occhi e si immaginò una porta. Quando sua madre cercava di insegnarle il modo di penetrare il mondo dei sogni, le aveva detto che tutto quello che doveva fare era girare la maniglia, ed attraversare la soglia. La porta l‘avrebbe portata ovunque lei desiderasse.
La porta la portava soltanto nella mente del suo fiero amante, ed al momento era l‘unico posto in cui volesse andare.
Lo trovò che stava affilando l‘acciaio della sua spada. Breena lo trovava spesso ad occuparsi delle sue armi. Nei suoi sogni, lei non era mai innervosita dalle sue asce, o dalle sue spade o dai suoi coltelli. Apprezzava la sua ferocia, la sua capacità di proteggere. Attaccare.
Lei si appoggiò contro un albero e semplicemente guardo il movimento dei suoi muscoli sulla sua schiena scoperta mentre faceva scivolare il panno attorno all‘elsa.
Breena non trovava mai il tempo di restare semplicemente ad osservarlo. Il guerriero in lui era sempre allerta, e poiché lei si trovava nel suo sogno, i suoi lineamenti non erano mai definiti. Le linee agli angoli dei suoi occhi indicavano che amava ridere? C‘erano delle linee sulla sua fronte, che lo identificavano come un uomo intenso e profondo? Tutto quello che poteva vedere erano vaghe pennellate. Non il genere di cose che le potesse dire come fosse fatto dentro.
Un sorriso le incurvò le labbra quando le spalle di lui si tesero. Il suo amante aveva percepito la sua presenza. La spada ed il panno caddero sull‘erba ai suoi piedi mentre si girava. I capezzoli di lei si indurirono mentre lo sguardo di lui vagava in alto ed in basso sul suo corpo, il suo respiro più simile ad un sibilo. Breena strizzò gli occhi, ancora una volta cercando di vedere attraverso quella nebbia che sembrava non lasciarle mai osservare i veri angoli della faccia di lui. Solo i suoi occhi. Quegli intensi occhi marroni.
I suoi passi erano silenziosi, mentre camminava sulle foglie e sui ramoscelli che tappezzavano il terreno. Lei si spinse via dall‘albero, muovendosi verso di lui, desiderando incontrare al più presto il suo amante adesso che lui sapeva che era arrivata. Quella sarebbe stata la loro ultima volta insieme.
O almeno sarebbe dovuto esserla. Lei avrebbe dovuto concentrarsi sul suo regno, aiutando suo padre a sceglierle un marito.
Breena mise le mani attorno al collo del suo amante per portare le labbra di lui verso le proprie. L‘uomo nei suoi sogni non la baciava mai gentilmente, come lei sospettava che invece avrebbe fatto un uomo cresciuto per governare un castello. No, le labbra di quell‘uomo erano esigenti. Il suo bacio passionale e pieno d‘istinto primario.
―Ti voglio nuda - le disse lui, la voce ferma.
Lei sbatté gli occhi, per un momento disorientata. Lui non aveva mai parlato nei suoi sogni prima. A Breena piaceva la sua voce, elementare e piena di fame di lei. Lui fece per afferrare il materiale sulla sua spalla, pronto a strapparlo, ma lei gli fermò la mano. Non voleva che fosse lui a sedurla quel giorno, non che il suo modo di corteggiarla potesse essere considerata una fine seduzione. No, lei voleva che fossero alla pari quell‘ultima volta. Breena voleva spogliarsi per lui.
Con un movimento del polso, lei tirò il ficco tra le sue spalle e sentì cedere il tessuto del corpetto. Accelerato da una lenta rotazione delle spalle, il vestito cominciò a cadere. Gli occhi di lui si restrinsero quando vennero rivelati i suoi seni, i suoi capezzoli che si indurivano ancora di più sotto il suo sguardo. Lui le si avvicinò. Breena sapeva cosa avrebbe fatto nel momento nel momento in cui l‘avesse afferrata, e rise.
―Non ancora - lo stuzzicò. Poi si afferrò le gonne e corse verso l‘albero. Non aveva mai giocato questo gioco prima … neppure ci pensava. Sapeva in qualche modo che il suo amante guerriero avrebbe apprezzato la caccia. Lui avrebbe vinto, ma lei aveva già ogni intenzione di lasciarsi trovare.
Nonostante il suo amante fosse silenzioso, Breena sentiva che era vicino. Lei rise di nuovo quando la sua mano le circondò la vita. Lei premette la schiena contro la solidità del petto di lui. La sua dura rigidità premuta contro di lei, e qualcosa di necessario e doloroso le fece sentire vuoto lo stomaco. L‘urgenza di provocare e correre era svanita in un istante. Breena voleva – no, ne aveva bisogno – le mani di lui sul suo corpo e le sue labbra sui suoi seni.
Qualcosa di duro le serrò la bocca. La confusione riempì gli occhi scuri di lui e le sue linee solide cominciarono a sfocarsi. A svanire. Le sue mani si strinsero attorno alle braccia di lei, ma era troppo tardi.
―Resta con me,- chiese lui. ―Che ti sta succedendo?- Lei lottò, desiderando trovarsi oltre la porta, vicino a lui. Ma era troppo tardi.
―Silenzio- ordinò una voce.
Lei scosse la testa, e cercò la mano del suo amante. Ma afferrò soltanto l‘aria. Qualcosa, qualche forza la stava portando via da lui. ―Aiutami - cercò di gridargli, ma la mano che le copriva la bocca non la faceva parlare.
E lui era sparito.
Breena era tornata nella sua camera da letto. Rolfe, un membro della sicurezza personale dei suoi genitori, era in piedi al suo fianco. ―Silenzio, principessa. Il castello è sotto attacco. Hanno già preso il Re e la Regina. Lei si alzò, le ultime vestigia del sogno svanite completamente. Quando il significato delle parole della guardia attecchirono in lei, le dita cominciarono a ghiacciarsi ed il cuore prese a correre. ―Dobbiamo aiutarli,‖ sussurrò.
Rolfe scosse la testa. ―E‘ troppo tardi per loro. Vogliono che io prenda lei ed i suoi fratelli e che vi scorti attraverso il passaggio segreto fino ad uscire dal castello.
―Ma …‖ cominciò a protestare lei. Lacrime le annebbiarono gli occhi e la gola si strinse. Il passaggio era stato costruito da qualche lontano antenato come ultima via di fuga se gli abitanti del castello avessero creduto che non ci fosse rimasta altra opzione che fuggire.
―Venite principessa, e sbrigatevi. Mettete delle scarpe. Dobbiamo trovare Micah e Dayn.
―E Nicolai?
La guardia scosse la testa.
La paura s‘impadronì di lei. L‘enormità del pericolo finalmente penetrò l‘annebbiamento lasciato dal sogno. Questo non era un attacco al castello, come quelli facilmente respinti in passato; questo era uno sterminio totale. ―E‘ stato preso?‖
―Non sono riuscito a trovarlo. Venite, dobbiamo salvare chi possiamo.
Breena cominciò a tremare, ma prese un respiro profondo. Doveva essere forte e fronteggiare qualunque pericolo avesse di fronte. I suoi fratelli dipendevano da lei.
Dopi aver fatto scivolare i piedi nelle pantofole ai piedi del letto, seguì Rolfe lungo il corridoio che la portò alle camere di Dayn e Micah. Di sotto sentiva il cozzare ed il clangore delle spade contro gli scudi. I gridi di guerra. Ed i suoni della morte.
Lei affrettò il passo, entrando silenziosamente nella stanza di Micah, mentre Rolfe andava in quella di Dayn. Prima avevano celebrato il quinto compleanno di Micah. Adesso stava a lei assicurarsi che ne celebrasse un altro. Se avesse avuto le abilità magiche di sua madre, starebbe già svegliando i suoi fratelli attraverso i sogni. Invece, avrebbe dovuto scuoterli gentilmente per le spalle.
―Dov‘è mio fratello?‖ chiese alla cameriera dopo essere entrata nella camera dove suo fratello dormiva.
―L‘ha portato via la balia. Verso una delle stanze più alte del castello. Breena sospirò di sollievo. ―Ma cosa dobbiamo fare con il vostro cuginetto?
Le mani le volarono a coprire il suo boccheggiare. Il loro cugino, Gavin, che non aveva più di quattro anni, era venuto per la festa. Lei dubitava che qualcuna delle guardie si sarebbe preoccupata di cercarlo. Percorse di nuovo il percorso fino a dove lui riposava.
―Gavin, tesoro- sussurrò ―Vestiti. Devi venire con me e Rolfe.
Il suo cuginetto si stropicciò gli occhi. ―Perché?- chiese, più addormentato che sveglio.
―Giochiamo a nascondino - gli disse lei con un sorriso.
Lui si mise a sedere sul letto, confuso dall‘orario, ma lo stesso pronto per il gioco. Gavin era abbastanza piccolo perché lei riuscisse a portarlo in braccio. Semplicemente lo sollevò dalle coperte e lo fece aggrappare alle sue spalle. Gli canticchiò una ninnananna sottovoce all‘orecchio perché non cominciasse ad avere fretta e ad urlare.
Rolfe si unì a lai nel corridoio. ―Dayn non è in camera sua.
La paura per il suo amato fratello la fece tremare di nuovo. ―Magari è già fuggito.
Il dubbio lampeggiò negli occhi di Rolfe per un momento, prima che la guardia riuscisse a mascherarlo. Dayn era incaricato di proteggere le mura esterne del castello. Ovviamente sarebbe stato impegnato in ogni tipo di difesa. Ma le loro difese erano già state infrante. Questo avrebbe voluto dire che suo fratello –
No, non avrebbe permesso ai suoi pensieri di prendere quella piega. In quel momento doveva occuparsi di Gavin. Rolfe stava già affrettandosi verso il corridoio che li avrebbe portati alla via di fuga di cui nessuno di Elden aveva mai avuto bisogno da moltissime generazioni. Chi avrebbe potuto volerli attaccare? Perché? Il loro regno era in pace con la maggior parte degli altri reami.
Rolfe spostò un pesante arazzo, rivelando la porta che portava al passaggio. Il suono della lotta echeggiava ancora dal piano di sotto, ma si stava avvicinando. La porta segreta cigolò quando Rolfe spinse il legno antico. Quando finalmente cedette, i cardini obiettarono rumorosamente a causa del loro mancato utilizzo nel corso degli anni. ―Fermi!
Breena si girò per vedere una creatura mostruosa, una creata dal male. Le sue otto gambe, che brillavano come rasoi gocciolando il sangue della sua gente, si mossero verso di lei. Li avrebbe presi tutti quanti se lei non fosse riuscita a distrarla.
―Devi camminare adesso, Gavin.
―Ma io voglio che tu mi porti in braccio- protestò lui.
―Principessa - la chiamò il mostro, snudando le zanne.
Lei comprese che la bestia rivoltante era concentrata solo su di lei. Avrebbe fatto di tutto pur di prenderla, compreso uccidere suo cugino.
―Andate!- urlò lei, spingendo Gavin al fianco di Rolfe, e chiuse la porta facendola sbattere.
―Breena - la chiamarono le urla del suo cuginetto. Ma poi sentì un confortante scatto mentre Rolfe dall‘interno faceva scorrere il
catenaccio. Il sollievo le fece tremare le gambe. Prendendo un profondo respiro, si voltò. Il mostro era quasi al suo fianco. Come sua madre, quella creatura possedeva una magia, eccetto che riguardava i poteri oscuri che vengono dalla corruzione della fonte di vita che è il sangue.
La sbatté contro il muro, una delle sue zampe adorne di rasoi la teneva ferma. Provò a girare la maniglia, ma la porta non si mosse. ―Non importa. Non possono nascondersi per sempre lì dentro.‖ Poi si voltò verso di lei. Gli occhi erano freddi.
Lei non aveva mai visto occhi così pieni di … vuoto. La raggelarono. Un sorriso, se poteva chiamarlo così, stirò il labbro superiore dell‘essere. ―Vieni. Il padrone vuole vederti.
Le afferrò il braccio, e lei trattenne il respiro quando una delle lame le penetrò la carne. Il suo aguzzino la trascinò alla scalinata dove ancora stava avendo luogo la battaglia. Solo che gli schianti di lama contro lama stavano lentamente scemando mentre la portava verso il salone grande. I gemiti agonizzanti dei feriti e dei morenti si mescolavano al pianto terrorizzato dei prigionieri. Poi vide i suoi genitori sulla pedana da cui tenevano corte, incatenati sui loro troni. Una beffarda umiliazione.
La rabbia cominciò a crescerle nel petto, scacciando la paura. Suo padre giaceva accasciato laddove un tempo regnava orgoglioso. Del sangue gli scorreva lungo la guancia e si raccoglieva ad una pozza ai suoi piedi. Così tanto sangue. Troppo sangue. Un singhiozzo le nacque in gola, e lei strattonò via il braccio dalla presa del suo rapitore. Non poteva lasciarlo morire così. Non suo padre, che aveva regnato con giustizia, che amava il suo popolo.
Il colpo le arrivò alle spalle. La fece cadere al suolo, le fredde pietre della terra che le tagliavano la fronte. La vista le si appannò, e sbatté gli occhi per cercare di schiarirla e per cacciare il dolore. Incrociò lo sguardo di suo padre. Non gli rimaneva molto da vivere. Breena si costrinse a guardare sua madre. La sua bellissima madre con i meravigliosi capelli argentati, adesso chiazzati del rosso del sangue che stava versando.
I suoi genitori si sporsero l‘uno verso l‘altra, ed il gesto la confortò. Sarebbero morti insieme. Occhi marrone scuro le lampeggiarono nella mente. Il guerriero dei suoi sogni avrebbe combattuto quelle creature che usavano la magia del sangue. Sarebbe morto cercando di salvare, di vendicare. Desiderava che fosse lì in quel momento.
―No!- urlò un uomo, il tono gelido. Aveva una voce che suonava come la morte.
Breena seppe senza che le venisse detto, che l‘uomo, o quello che un tempo era stato un uomo, che si stava avvicinando ai suoi genitori era lo Stregone del Sangue. Una leggenda. Un pettegolezzo. Alto e scheletrico, quella era la creatura da cui sua madre l‘aveva messa in guardia; lui prendeva quei folli che lasciavano la sicurezza di Elden e li trasformava in creature malvage.
Qualcosa di potente vorticò tra le mani dei suoi genitori. Non stavano cercando di toccarsi come prima aveva pensato, stavano unendo i loro poteri.
Breena afferrò l‘orologio, le sue dita premettero sulla decorazione frontale con la spada e lo scudo. Che ironia, quando quello di cui lei aveva davvero bisogno erano proprio uno scudo ed una spada.
Ed un uomo che potesse impugnare quella spada.
Il suo orologio cominciò a riscaldarsi ed a brillare contro la sua pelle.
Un‘ondata di magia attraversò il suo intero corpo, e Breena non sentì più il dolore del taglio sulla tempia o il freddo della dura pietra sotto di lei.
L‘ultimo pensiero di Breena fu per il suo guerriero.
continua ...
Un altro assaggio molto interessante. Spero che la Harlequin-Mondadori si decida a pubblicarla nei BlueNocturne. :-)
RispondiEliminaEmy