Leggi un estratto di "Devil's Kiss" di Sarwat Chadda

Carissimi lettori,
grazie alla collaborazione della Mondadori oggi abbiamo il piacere di proporvi la lettura di un estratto del libro "Devil's Kiss" di Sarwat Chadda.




Il 1° capitolo lo trovate in esclusiva sulla pagina facebook di "Shout Le tue storie - Mondadori" QUI!!!

Dopo aver letto il 1° capitolo potete continuare a leggere qui di seguito alcune pagine del 2° capitolo.



CAPITOLO 2


Billi crollò sul sedile posteriore della Jaguar grigia e
malridotta del padre. Le palpebre cominciarono a
chiudersi nell’attimo in cui la sua guancia toccò la pelle
logora. Il sedile fremette quando il motore si accese
scoppiettando, come se l’auto avesse bisogno di darsi una
scrollata prima di mettersi in movimento. Suo padre stava
ancora parlando, ma lei non capiva nulla di quello diceva,
tra il gracchiare dell’autoradio sintonizzata su Radio
4 e il rombo sordo del motore. Comunque era tutta
roba da Templari, e per quella notte ne aveva già avuto
abbastanza. Più che abbastanza.
Il veicolo cominciò a cullarla ritmicamente. Con gli
occhi che le si chiudevano, alla fine Billi si arrese alla
stanchezza.
Lei fa finta di dormire. Sente il cigolio della porta che
si apre e una lama di luce taglia la stanza e il suo letto.
Billi tiene gli occhi chiusi e lascia che il respiro scivoli
dentro e fuori, molto lentamente.
Le assi del pavimento scricchiolano, nonostante il tentativo
del visitatore di fare piano. Lei non ha bisogno di
guardare per sapere chi sia. Una mano le scosta i capelli
dal viso, e lei riconosce il familiare odore di sudore,
olio e cuoio vecchio.
Papà.
— Art, stanno aspettando — qualcuno sussurra forte
dalla porta. La voce è profonda e sommessa: Percy, il
suo padrino.
La mano le aggiusta le coperte e le si posa sulla spalla
per un momento. Poi suo padre sospira e si allontana.
Dopo pochi attimi la porta si richiude e ritorna l’oscurità.
Billi attende immobile per un minuto, poi scivola fuori
dal letto. È alta per la sua età, ma magra. Mentre attraversa
la stanza le assi nemmeno scricchiolano. Poi si
mette alla porta, in ascolto.
Un mormorio di voci. Non riesce a distinguere le parole,
ma sente le gambe delle sedie che strusciano sul legno
nudo e il rumore di un rubinetto aperto: sono in cucina,
al piano di sotto.
Billi capisce che sta per fare una cosa sbagliata, però
deve sapere. Suo padre le sta mentendo.
Perché?
Perché c’erano bende mezze bruciate nel caminetto?
Bende insanguinate, per giunta.
Dove va lui quando pensa che lei stia dormendo?
E perché lei ha paura che il padre possa non tornare
mai più?
Billi apre la porta e schizza fuori. Si muove veloce
lungo il piccolo corridoio, si accuccia in cima alle scale
e ascolta.
— Se il ragazzo ha ragione, non abbiamo altra scelta.
È suo padre, ha la voce stanca. Quale ragazzo? Non
può trattarsi di nessun compagno di scuola. Nessun genitore
lascia più che il proprio figlio giochi con lei. Forse
è quel ragazzo che padre Balin ha portato la settima-
na scorsa. Quel tipo magro con enormi occhi azzurri e i
capelli bianchi.
Come si chiamava? Billi se lo ricorda.
Kay.
— Una ragazza? Nell’Ordine? Non è un’assurdità, è
un’eresia!
La voce è dura e piena di rabbia: Gwaine. Perché è
sempre così arrabbiato? Una volta lui e suo padre erano
amici.
— Art, almeno concedile qualche altro anno di libertà.
Ha solo dieci anni — dice Percy.
Parlano di lei! Billi trattiene il respiro. Vuole ascoltare
ogni parola. Appoggia un piede sul gradino e sposta lentamente
il peso del corpo. Fa un altro passo silenzioso,
poi un altro e ben presto è in fondo alle scale, accanto
alla porta.
Il rubinetto è di nuovo aperto, e l’acqua sciaborda dentro
un bollitore.
— Sapete quello che dicono i Gesuiti — dice qualcuno
con il leggero accento gallese del suo baby-sitter, padre
Balin. — Datemi un bambino di sette anni e vi restituirò
un uomo.
Segue un grugnito di Gwaine. — Non siamo dei maledetti
Gesuiti! Siamo…
— Basta così. Ho preso la mia decisione — dice Arthur,
e tutti smettono di parlare. È come se avessero paura di
lui. Perché? Non è una persona importante. È solo un custode,
lì all’Onorevole Società del Middle Temple, come
Percy e Gwaine. Aggiusta le cose. Cura i giardini e innaffia
le piante nelle sale. O no?
— Pensi che io ne sia felice? Con tutto quello che dovrà
passare?
Perché parlano di lei? Non dovrà per caso cambiare
di nuovo scuola?
Sbirciando dalla fessura, vede padre Balin appoggiare
il vecchio bollitore d’acciaio sul fornello elettrico. Percy,
Gwaine e suo padre siedono intorno al tavolo della cucina.
Per un attimo Billi intravede qualcosa di metallico
e lucente posato lì sopra, poi Percy, la persona più grossa
che lei conosca, sposta la sedia e le blocca la visuale.
Ma mentre il gigantesco africano si muove, lei nota qualcos’altro.
Qualcosa avvolto in un sacco nero della spazzatura…
Qualcosa che gronda sangue.
Gwaine scuote lentamente la testa da una parte all’altra,
come un toro in procinto di caricare. — Solo perché
sei Maestro non hai il diritto di prendere decisioni del
genere, Art.
Maestro? Di cosa parla Gwaine? Maestro di cosa?
— A dire la verità, Gwaine, il fatto di essere Maestro
mi dà proprio quel diritto.
Gwaine si sporge in avanti. — Negli ultimi novecento
anni l’Ordine ha seguito le regole dei Templari, fin dai
tempi di Bernard de Clairvaux. Non puoi metterle da
parte e crearne di nuove da un giorno all’altro!
Arthur si appoggia alla spalliera della sedia, le braccia
incrociate sul petto e le dita che lentamente si chiudono
a pugno, e poi si rilassano. Billi sposta lo sguardo da lui
a Gwaine e di nuovo al padre. La faccia di Gwaine è irrigidita,
e la sua pelle a chiazze per la rabbia. Suo padre
lo guarda senza battere ciglio, impassibile se non per gli
occhi di ghiaccio che lampeggiano sotto la fronte scura.
— Posso e l’ho appena fatto — dice Arthur, poi indica
il prete. — Balin, tu le insegnerai il latino, il greco e
le scienze occulte.
— E anche gli obblighi religiosi, giusto? — chiede Balin.
Arthur esita, poi lentamente fa sì con la testa. — Certo.
— Quindi dà una pacca sulla possente spalla di Percy.
— Percival, addestramento alle armi.
Billi vede un lieve sorriso affiorare sulle labbra di Percy.
Porta la sciarpa rossa che gli ha regalato lei per Natale,
ma al suo collo è come un nastrino intorno al tronco di
una quercia.
— Con piacere — replica lui. — Preferenze? Spade, pugnali,
bastone?
— Tutto — risponde Arthur. — Io le insegnerò il combattimento
a mani nude.
— Arthur, ti prego. Ti prego di ripensarci — insiste
Gwaine. Non vuole proprio arrendersi. — Ricorda quello
che è capitato a Jamila.
Billi trasale nel sentir nominare la madre. Nella stanza
cala il silenzio, e la ragazza guarda il padre. Lui si alza,
impettito. Perfino adesso, a cinque anni dalla morte della
madre, Billi riesce a vedere il dolore dipinto sul suo volto.
Arthur punta il dito verso Gwaine. — Storia e arabo.
Gwaine salta in piedi, il viso in fiamme. — La tua arroganza
ha ucciso tua moglie, e la stessa arroganza ucciderà
anche tua figlia!
Billi strilla mentre il pugno di Arthur attraversa veloce
il tavolo, schiantandosi sulla mascella di Gwaine
e buttandolo giù dallo sgabello. Gwaine cade pesantemente,
urtando Balin e facendo volare in aria e atterrare
sulle piastrelle del pavimento il vassoio con le tazze.
Billi strilla di nuovo, mentre le tazze si fracassano e il
tè schizza ovunque.
Tutti gli altri ignorano il vasellame rotto e la fissano.
Le gambe delle sedie stridono sul pavimento, e Arthur
è in piedi. Il suo volto è calmo, inespressivo, spaventoso.
Indica un punto davanti a sé. — Qui. Adesso.
Gwaine si sforza di tirarsi su, ignorando l’offerta d’aiuto
di Percy. — Piccola spiona. Da quanto tempo ci ascolta…
— Chiudi il becco, Gwaine — dice Percy. Si passa una
mano sulla testa calva, dalla fronte fino alla nuca. Poi
infila le dita nel colletto, che allenta con un sospiro.
Gli occhi di Billi e di Gwaine si incontrano, e una rabbia
furiosa cresce nel petto della ragazza. Lui si sbaglia.
La morte di sua madre non è stata colpa di suo padre.
Lui l’amava. Non le avrebbe mai fatto del male. E non
avrebbe mai fatto del male a Billi. Lei lo sa quello che
dicono davanti ai cancelli della scuola, ma non è vero.
Suo padre era innocente. L’aveva detto il giudice.
Billi impiega un’eternità ad attraversare la stanza.
Guarda Percy per sentirsi rassicurata – finché lui è lì
non può accaderle niente di brutto – ma la sua solita
espressione amichevole è sparita. Adesso la sua faccia
è inespressiva.
Si ferma davanti al padre e si sforza di incrociare il
suo sguardo severo. Quando lo fa, non riesce a impedire
alle gambe di tremare.
— Perché stavi spiando? — le chiede lui. Quando
Arthur è arrabbiato, è strano come la sua voce diventi
calma e piatta.
— Io… volevo solo sapere.
— Cosa?
Billi fa un respiro profondo. Tutto. Vuole sapere tutto.
Ma da dove iniziare? Perché Gwaine aveva detto quelle
parole? Perché parlano di lei in quel modo? Ecco da
dove inizierà: da lui.
— Dove vai. Quello che fai.
Arthur la fissa per un tempo infinito. Come se cercasse
qualcosa nei suoi occhi. Alla fine fa un cenno secco
con il capo.




Cosa ne pensate delle prime pagine? Vi hanno incuriosito? A me molto e non vedo l'ora di scoprire come continuerà...



4 commenti

  1. Queste pagine non fanno altro che rafforzare quello che pensavo già...deve essere proprio una bella storia,interessante e si...ha incuriosito anche me!! *^^*
    Grazie per aver dato la possibilità di leggere anche alcune delle pagine del 2 capitolo!! ^^
    Baci

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  2. Ok, sn sicura di volerlo leggere a tutti i costi e forse regalerò una copia anke alla mia migliore amica *-* noi adoriamo queste storie!
    Spero di vincere il giveaway x questo libro... Grz x averci fatto leggere queste poche pagine

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  3. Sono contenta che vi siano piaciute queste prime pagine! Non vedo l'ora di avere il libro tra le mani! ^^

    RispondiElimina

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